DISCRIMINAZIONE DI GENERE INDIRETTA E ONERE DELLA PROVA DEL DATORE DI LAVORO
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Discriminazione di genere indiretta e onere della prova del datore di lavoro. La sentenza che ci apprestiamo a commentare – Tribunale di Firenze, Sez. Lav., 15/02/2011 – affronta un caso di discriminazione indiretta a carico di lavoratrici madri, nel settore del pubblico impiego. Si tratta di una pronuncia interessante perché la discriminazione riscontrata trae origine da una clausola del contratto collettivo integrativo applicato dall’Amministrazione convenuta, ossia il Comune di Firenze.
Articolo a cura dello Studio Legale Bertaggia di Ferrara.
Discriminazione di genere indiretta. Detta clausola prevedeva che il premio di produttività rapportato al conseguimento degli obiettivi aziendali “compete al personale assunto a tempo indeterminato che abbia almeno 70 giorni di presenza effettiva in servizio“. Il nucleo centrale della questione, all’interno della normativa che si occupa di evitare la disparità di trattamento a seconda del genere – tema caldo nel diritto del lavoro – è rappresentato dalle ipotesi di discriminazione diretta e indiretta, per cui l’adozione di un trattamento giuridico uniforme – cioè ad esempio la previsione di un requisito fisico per l’accesso al posto di lavoro, che è identico per gli uomini e per le donne, – potrebbe divenire causa di una “discriminazione indiretta” a sfavore delle persone di sesso femminile, poiché svantaggia queste ultime in modo proporzionalmente maggiore rispetto agli uomini, in considerazione di una differenza fisica statisticamente riscontrabile e obiettivamente dipendente dal sesso.
Nella sentenza di cui parliamo, il fatto che venissero computate le assenze dovute al periodo di maternità è stato dunque ritenuto illegittimo, in quanto riferibili solo alla donna. In sostanza, andava chiarito – ed è stato fatto a favore della lavoratrice – se, per avere diritto al premio, ella dovesse avere sempre e comunque i 70 giorni di presenza in servizio, anche per l’ipotesi in cui sia in astensione obbligatoria o in interdizione anticipata; oppure tale requisito non fosse necessario dal momento che la norma prevedeva una elencazione di casi in cui, per la tipologia di assenza, il premio sarebbe comunque dovuto.
L’art. 40 del Codice delle pari opportunità stabilisce che quando il ricorrente fornisce elementi di fatto idonei a fondare, la presunzione dell’esistenza di atti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso, spetta al convenuto l’onere della prova sull’insussistenza della discriminazione. Quindi, chi agisce in giudizio contro una condotta discriminatoria può limitarsi a dimostrare, anche mediante dati statistici, l’esistenza di una posizione di svantaggio rispetto ai lavoratori dell’altro sesso. Incombe poi sul datore di lavoro l’onere di provare l’insussistenza della discriminazione, cioè l’essenzialità del requisito potenzialmente discriminatorio.
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Autore. Studio Legale Internazionale Bertaggia – Titolo Discriminazione di genere indiretta e onere della prova del datore di lavoro, in www.avvocatobertaggia.org
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Articolo aggiornato al 23 Settembre 2020