Finanziamento, acquisto titoli rischiosi: validità del contratto con la banca

FINANZIAMENTO ACQUISTO TITOLI RISCHIOSI: VALIDITA’ DEL CONTRATTO CON LA BANCA

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Cassazione, 21 settembre 2012, Sez. III, n. 16049

Finanziamento acquisto titoli rischiosi, è valido comunque il contratto con la banca?

Finanziamento acquisto titoli. Gentili lettori, un cliente di una banca se ottiene un finanziamento per acquistare titoli rischiosi, non può poi lamentarsi con l’istituto di credito se i titoli hanno perso il loro valore.

Articolo a cura dellAvvocato Bertaggia di Ferrara.

Questo principio è determinato dalla sentenza della Cassazione 21.09.12 Sez III, n. 16049: infatti nell’ambito del negozio atipico con finalità di finanziamento somme e di acquisto titoli, pur dovendosi riconoscere il carattere sicuramente rischioso dell’intera operazione per il cliente, deve escludersi che detta convenzione negoziale rientri nella categoria degli strumenti aleatori con causa illecita o assente, che configurano la nullità radicale, considerato che la concessione di finanziamento agli investitori è espressamente prevista dall’ordinamento e dovendosi osservare che, di fronte all’assoluta mancanza di buona fede dell’intermediario finanziario, l’azione di nullità è assolutamente inidonea a perseguire la violazione dei relativi doveri di comportamento mentre utile può risultare l’azione di risoluzione del contratto.

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In definitiva l’investitore deve porre particolare attenzione a quello che fa, senza pensare di fare contratti bancari improntati a particolare rischiosità con l’istituto di credito e poi pensare di potersi rifare con l’istituto di credito.

Infatti, afferma la suprema corte in materia di finanziamento acquisto titoli rischiosi: “Con il primo motivo, si denuncia omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. La censura – che si conclude (f. 23) con un quesito di diritto peraltro non necessario ratione temporis, e che lamenta un preteso, omesso esame, da parte della corte salentina, delle richieste istruttorie formulate in primo grado, da ritenersi funzionali alla riproposizione delle ragioni prospettate con l’atto introduttivo del giudizio, ivi compresa l’azione di annullamento per dolo e/o per errore – è privo di pregio. Essa si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha ritenuto che l’azione de qua (azione, va in questa sede precisato, comunque morfologicamente diversa dalla azione di risoluzione che, a giudizio della corte territoriale, sarebbe stata legittimamente esperibile nella specie, alla luce del dictum di cui a Cass. ss.uu. 26724/2007) non fosse stata riproposta in grado di appello.

La decisione merita conferma, nessuna delle “risultanze istruttorie” analiticamente riprodotte ai ff. 19 ss. del ricorso apparendo espressamente finalizzata a sostenere la richiesta di annullamento del negozio, in violazione del consolidato principio di diritto, più volte riaffermato da questa corte di legittimità, che impone alla parte vittoriosa -, in prime cure l’onere di espressa, riproposizione – pur se non con impugnazione incidentale – delle proprie istanze (Cass. 14086/010 e pluribus, ove si legge che la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado non ha l’onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione le eccezioni e le questioni che risultino superate o assorbite, difettando di interesse al riguardo, ma è tenuta a riproporle espressamente nel nuovo giudizio in modo chiaro e preciso, tale da manifestare in forma non equivoca la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo, ai sensi dell’art. 346 c.p.c.).

Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
Il motivo è infondato al pari di quello che precede – del quale riproduce, nella sua più intima sostanza, contenuti e propositi, sia pur sotto il diverso aspetto del lamentato vulnus costituzionale – atteso che l’unica domanda riproposta dall’odierno ricorrente nel giudizio di appello risulta quella di nullità negoziale, ritualmente esaminata e correttamente rigettata dal giudice territoriale.

Con il terzo motivo, si denuncia, infine, un vizio di erronea, contraddittoria e carente motivazione sotto altro profilo: la non meritevolezza del contratto: illiceità/mancanza di causa.
La doglianza – che lamenta un preteso, omesso rilievo, da parte del giudice territoriale, di una sorta di “immeritevolezza” genetica della convenzione negoziale in contestazione, idonea ad integrare gli estremi del contratto aleatorio con causa illecita o assente, e sol per questo radicalmente nullo – non ha giuridico fondamento.

La motivazione adottata, sul punto, dalla corte leccese sicuramente scevra da vizi logico – giuridici in questa sede rilevanti – si sottrae tout court alle critiche mossele, poichè, dopo aver rilevato il carattere “sicuramente rischioso”, per il cliente, dell’intera operazione, i giudici di appello escluderanno poi che tale carattere ne potesse inficiare in radice la validità, sub specie della non meritevolezza di tutela ex art. 1322 c.c., considerato, a tacer d’altro, che la concessione di finanziamento agli investitori è espressamente prevista dall’ordinamento (art. 1, comma 6, lett. c, TUF; art. 47, comma 2, Reg. Consob 11522/1998). Il ricorso è pertanto rigettato.

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Autore. Studio Legale Internazionale Bertaggia – Titolo Finanziamento, acquisto titoli rischiosi: validità del contratto con la banca, in www.avvocatobertaggia.org

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Articolo aggiornato al 07/06/21

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