Quando un creditore avvia un pignoramento presso terzi contro un debitore, spesso il bersaglio è la banca: conti correnti, depositi, stipendi accreditati, persino carte collegate. Ma l’atto di pignoramento va notificato alla sede legale della banca o alla filiale dove il cliente intrattiene il rapporto?
Questa distinzione, apparentemente tecnica, può fare la differenza tra un pignoramento valido ed efficace e un atto nulla o contestabile.
In questa guida completa analizzeremo:
- cos’è il pignoramento presso terzi e perché le banche sono tra i soggetti più frequentemente coinvolti;
- come individuare correttamente il destinatario della notifica (sede legale o filiale);
- i ruoli di creditore, debitore, terzo pignorato e giudice dell’esecuzione;
- i contenuti essenziali dell’atto di pignoramento e gli obblighi della banca;
- i limiti territoriali e le competenze del giudice;
- come difendersi, contestare o bloccare un pignoramento presso terzi.
Se hai ricevuto un atto di pignoramento o temi che il tuo conto corrente possa essere bloccato, allora questo è l’articolo di cui hai bisogno per capire come muoverti e soprattutto come tutelare i tuoi diritti in tempo utile.
Cos’è il pignoramento presso terzi?
Contenuti dell'articolo
Il pignoramento presso terzi è una procedura esecutiva con cui un creditore, munito di titolo esecutivo (ad esempio una sentenza, un decreto ingiuntivo o una cartella esattoriale), aggredisce i crediti che il debitore vanta nei confronti di un soggetto terzo.
Nel caso delle banche, il terzo pignorato è l’istituto di credito, che custodisce:
- conti correnti,
- depositi a risparmio,
- pensioni e stipendi accreditati,
- titoli e investimenti intestati al debitore.
Una volta notificato l’atto di pignoramento, la banca è tenuta a bloccare immediatamente le somme disponibili fino alla concorrenza del credito pignorato, assumendo il ruolo di custode giudiziario.
Ciò che rende questa procedura delicata è il duplice vincolo che si crea per il debitore, che vede congelati i propri fondi o entrate; ma anche per il terzo pignorato, che diventa responsabile se non dichiara correttamente l’esistenza e l’ammontare dei crediti dovuti al debitore.
Oggi la legge consente anche la “ricerca telematica dei beni” ex art. 492-bis c.p.c., che permette di individuare conti e rapporti finanziari del debitore su istanza del creditore e autorizzazione secondo i casi previsti).
Pignoramento presso terzi in banca: come individuare sede legale o filiale
Uno degli aspetti più delicati nella pratica del pignoramento è stabilire se l’atto debba essere notificato alla sede legale della banca o alla filiale presso cui il debitore intrattiene il rapporto.
La Cassazione ha chiarito che la banca opera come un unico soggetto giuridico. Tuttavia, le filiali hanno una reale autonomia operativa e sono legittimate a ricevere la notifica degli atti, in quanto gestiscono concretamente i rapporti con i clienti.
In termini pratici:
- notificare l’atto alla sede legale assicura sempre la piena validità della procedura,
- notificare l’atto alla filiale del conto corrente o del deposito consente una gestione più rapida, perché l’ufficio sa subito come bloccare le somme disponibili.
La giurisprudenza tende a privilegiare la sostanza rispetto alla forma: ciò che rileva è che la banca sia messa nelle condizioni di adempiere tempestivamente agli obblighi derivanti dal pignoramento.
Principali crediti pignorabili (conti correnti, pensioni, etc.)
Gli stipendi, le pensioni e le indennità assimilabili sono tra i crediti più frequentemente colpiti dal pignoramento presso terzi, specialmente quando il creditore è l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Tuttavia, la legge prevede limiti precisi a tutela del debitore.
Nel caso degli stipendi in corso di pagamento, il pignoramento può riguardare solo una parte della retribuzione. Se il creditore è “ordinario”, la regola generale dell’art. 545, comma 4, c.p.c. è il limite massimo di un quinto della retribuzione netta.
Se il creditore è l’Agente della Riscossione, fino al 31 dicembre 2025 continuano ad applicarsi i limiti “a scaglioni” (attuali) di cui all’art. 72-ter d.P.R. 602/1973: 1/10 per emolumenti fino a €2.500; 1/7 tra €2.500 e €5.000; 1/5 oltre €5.000; dal 1° gennaio 2026 tale disciplina confluisce nel nuovo Testo Unico riscossione (d.lgs. 24 marzo 2025, n. 33).
Per le pensioni, dal 2023–2025 il “minimo vitale” è pari al doppio dell’assegno sociale, con un minimo di €1.000: solo la parte eccedente è pignorabile nei limiti di legge (art. 545, comma 7, c.p.c. vigente).
Se pensioni o stipendi sono accreditati in conto, le somme anteriori al pignoramento sono impignorabili fino al “triplo dell’assegno sociale”; quelle accreditate alla data del pignoramento o dopo seguono i limiti ordinari (art. 545, comma 8, c.p.c.).
In ultimo, anche TFR e indennità di fine rapporto possono essere pignorati, fermi i limiti dell’art. 545 c.p.c. (generalmente un quinto), ma non prima che siano effettivamente maturati.
I protagonisti del pignoramento presso terzi
Ogni procedura di pignoramento presso terzi coinvolge quattro soggetti principali, ciascuno con ruoli e responsabilità ben definiti.
Creditore
È colui che promuove l’azione esecutiva. Dopo aver ottenuto un titolo esecutivo (ad esempio una sentenza, un decreto ingiuntivo o un assegno protestato), il creditore chiede al giudice di bloccare i crediti o le somme del debitore presso un terzo.
Debitore
È il soggetto contro il quale viene intrapresa l’esecuzione forzata. Con il pignoramento presso terzi, il debitore non perde la titolarità del rapporto bancario o del credito, ma subisce il vincolo giuridico che impedisce di disporne liberamente.
Terzo pignorato (banca)
Nel caso di pignoramento in banca, il terzo è l’istituto di credito. Dal giorno della notifica dell’atto ex art. 543 c.p.c., il terzo è custode delle somme dovute “nei limiti rimodulati” dall’**art. 546, comma 1, c.p.c.: importo del credito precettato aumentato di €1.000 per crediti fino a €1.100; di €1.600 per crediti da €1.100,01 a €3.200; e della metà per crediti superiori a €3.200 (novità introdotta dal d.l. 2 marzo 2024, n. 19, conv. in l. 29 aprile 2024, n. 56).
Giudice dell’esecuzione
È l’autorità che coordina l’intera procedura. Riceve l’atto di pignoramento, convoca le parti e il terzo pignorato, raccoglie le dichiarazioni e, infine, emette l’ordinanza di assegnazione con cui attribuisce le somme al creditore.
Giudice competente e limiti territoriali
Nel pignoramento presso terzi, la competenza del giudice non è lasciata al caso. Oggi il criterio generale è fissato dall’art. 26-bis c.p.c.: è competente il giudice del luogo in cui il debitore esecutato ha residenza, domicilio, dimora o sede (salva la regola speciale per le Pubbliche Amministrazioni, con il foro dell’Avvocatura dello Stato).
La notifica alla sede legale o alla filiale non muta la competenza (ancorata all’esecutato); la notifica presso la filiale è valida e impegna l’intero istituto, fermo restando che gli adempimenti operativi sono spesso curati dalla struttura locale. La dichiarazione ex art. 547 c.p.c. deve comunque coprire tutti i rapporti riconducibili all’esecutato.
L’atto di pignoramento presso terzi: contenuti essenziali
Il pignoramento presso terzi prende forma con l’atto notificato al debitore e al terzo (ad esempio, la banca). Si tratta di un documento formale che deve rispettare requisiti rigorosi, pena la nullità della procedura.
L’atto deve contenere:
- L’indicazione del credito per il quale si procede, con il titolo esecutivo e il precetto che ne costituiscono la base giuridica.
- I dati identificativi del debitore e del terzo pignorato, in modo da evitare qualsiasi incertezza sull’individuazione dei soggetti coinvolti.
- L’intimazione al terzo a non disporre delle somme o dei beni del debitore senza ordine del giudice.
- La citazione del debitore a comparire davanti al giudice dell’esecuzione nel giorno e all’ora stabiliti.
- L’avvertimento al terzo pignorato di rendere la dichiarazione ex art. 547 c.p.c. circa l’esistenza e l’entità dei crediti o beni dovuti al debitore.
Omissioni o errori formali in questa scaletta possono rendere inefficace l’intera procedura, con conseguente perdita di tempo e costi aggiuntivi per il creditore.
Entro 30 giorni dalla consegna dell’atto da parte dell’Ufficiale giudiziario, il creditore deve iscrivere a ruolo depositando copie conformi di titolo, precetto e atto (pena inefficacia del pignoramento); il creditore deve notificare e depositare l’avviso di avvenuta iscrizione a ruolo al debitore e al terzo entro l’udienza indicata, pena l’inefficacia. Tali oneri discendono dall’art. 543 c.p.c. vigente.
In via generale, ai sensi dell’art. 497 c.p.c., il pignoramento perde efficacia se entro 45 giorni dal compimento non è chiesta assegnazione o vendita; per i crediti presso terzi operano, inoltre, le cadenze speciali degli artt. 543 e 551-bis c.p.c. (infra).
Momento perfezionativo e obblighi del terzo pignorato
Il pignoramento presso terzi si perfeziona nel momento in cui l’atto viene notificato sia al debitore che al terzo pignorato (ad esempio la banca). È da questo istante che scattano i vincoli giuridici: il terzo non può più disporre liberamente delle somme o dei beni dovuti al debitore.
Gli obblighi principali del terzo pignorato sono i seguenti:
- Bloccare immediatamente le somme oggetto di pignoramento, impedendo al debitore di utilizzarle o prelevarle.
- Esercitare la custodia nei “nuovi limiti” di cui all’art. 546, comma 1, c.p.c. (scaglioni €1.000/€1.600/ + metà oltre €3.200).
- Rendere la dichiarazione al giudice (art. 547 c.p.c.) specificando:
- l’esistenza di crediti o disponibilità in favore del debitore,
- l’entità e la natura delle somme,
- eventuali vincoli o cause di prelazione già gravanti su tali somme.
- Conservare i beni o le somme vincolate fino all’ordinanza di assegnazione del giudice, che ne dispone la destinazione al creditore procedente.
La mancata o falsa dichiarazione del terzo pignorato comporta gravi conseguenze: può infatti essere condannato a pagare direttamente quanto dovuto dal debitore, oltre a rispondere di eventuali danni causati. La dottrina e la prassi bancaria confermano che la dichiarazione ex art. 547 deve coprire l’insieme dei rapporti in essere, non la sola “filiale”.
Dichiarazione del terzo pignorato e ordinanza di assegnazione
Dopo la notifica dell’atto di pignoramento, il terzo pignorato (ad esempio la banca) deve rendere una dichiarazione scritta al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 547 c.p.c. In questa fase comunica con precisione se, e in quale misura, è debitore verso l’esecutato.
La dichiarazione può contenere l’indicazione dei rapporti in essere con il debitore (conto corrente, deposito titoli, stipendio accreditato, ecc.), l’ammontare delle somme o dei beni effettivamente disponibili ed eventuali vincoli preesistenti (es. altri pignoramenti o sequestri già notificati).
Se la dichiarazione è positiva e conferma l’esistenza di crediti, il giudice procede all’ordinanza di assegnazione, con la quale trasferisce ufficialmente le somme al creditore procedente.
Se invece la dichiarazione è negativa (nessun credito o saldo nullo), il creditore può contestarla in udienza, chiedendo l’accertamento giudiziale.
L’ordinanza di assegnazione ha effetto definitivo: da quel momento, il terzo è liberato dall’obbligo verso il debitore ed è tenuto a versare le somme direttamente al creditore.
Si applicano, inoltre, le nuove scansioni temporali dell’art. 553 c.p.c. e la disciplina di cui all’art. 551-bis c.p.c. sull’efficacia nel tempo del pignoramento dei crediti.
Contestazioni, crediti impignorabili e limiti di pignorabilità
Il pignoramento presso terzi non è illimitato. La legge stabilisce precisi limiti di pignorabilità, soprattutto quando in gioco ci sono somme destinate al sostentamento della persona.
Se il debitore o il creditore ritengono che la dichiarazione del terzo sia incompleta, inesatta o falsa, possono sollevare contestazioni davanti al giudice. In questo caso, il procedimento si trasforma in un giudizio ordinario di accertamento, volto a stabilire l’effettiva esistenza e la misura dei crediti pignorati.
La normativa prevede inoltre che alcuni crediti siano assolutamente impignorabili, tra cui:
- gli assegni di maternità e di assistenza sociale;
- i sussidi destinati a calamità o esigenze familiari urgenti;
- i crediti alimentari destinati al mantenimento minimo.
Per stipendi e pensioni si applicano i limiti di cui all’art. 545 c.p.c. (un quinto in via generale; “minimo vitale” pensionistico pari al doppio dell’assegno sociale con minimo €1.000; regole speciali per somme già accreditate su conto).
Pignoramento della pensione e dello stipendio
Altri crediti, come stipendi e pensioni, sono solo parzialmente pignorabili. In particolare:
- la pensione è pignorabile solo per la parte che eccede il minimo vitale, pari al doppio dell’assegno sociale, con minimo €1.000 (art. 545, co. 7, c.p.c. vigente);
- lo stipendio può essere pignorato generalmente nel limite di un quinto del netto percepito, salvo diverse previsioni (art. 545, co. 4, c.p.c.).
Per i pignoramenti esattoriali (Agenzia Entrate-Riscossione), fino al 31 dicembre 2025 continuano ad applicarsi i limiti di 1/10 – 1/7 – 1/5 ex art. 72-ter d.P.R. 602/1973; dal 1° gennaio 2026 la materia è riordinata nel T.U. riscossione (d.lgs. 33/2025).
Le somme a titolo di stipendio/pensione accreditate prima del pignoramento sono impignorabili fino al triplo dell’assegno sociale; quelle accreditate alla data del pignoramento o dopo sono pignorabili nei limiti percentuali ordinari (art. 545, co. 8, c.p.c.).
Come bloccare o evitare un pignoramento presso terzi
Un pignoramento presso terzi è il risultato di un procedimento giudiziario che può colpire in modo diretto conti correnti, stipendi, pensioni e crediti verso clienti.
Tuttavia, esistono strumenti legali per bloccare, sospendere o limitare gli effetti del pignoramento, purché ci si muova con tempestività e con l’assistenza di un professionista esperto.
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- Opposizione al pignoramento, se sussistono vizi formali o sostanziali nell’atto.
- Accordi stragiudiziali con i creditori, per ridurre l’impatto economico e preservare liquidità aziendale o familiare.
- Tutela dei beni impignorabili, con istanze mirate al giudice dell’esecuzione.
- Strategie preventive, per proteggere i crediti aziendali e i patrimoni familiari prima che diventino bersaglio delle procedure esecutive.
L’atto va iscritto a ruolo entro 30 giorni dalla consegna dell’U.G. (art. 543 c.p.c.), pena l’inefficacia.
In via generale, il pignoramento perde efficacia dopo 45 giorni se non è chiesta assegnazione/vendita (art. 497 c.p.c.). Per i pignoramenti di crediti presso terzi opera l’art. 551-bis c.p.c.: la procedura si estingue di diritto dopo 10 anni dalla notifica (o dall’ultima “dichiarazione di interesse”), con regole sullo scioglimento degli obblighi del terzo se non è notificata la dichiarazione di interesse e decorsi i termini.
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